Titolo:
L’incidente
Autore:
Maria Cristina Buoso
Editore:
PlaceBook Publishing (23 marzo 2022)
Copertina flessibile: 232 pagine
ISBN-13: 979-8438112365
Peso articolo: 413 g
Dimensioni:
15.24 x 1.47 x 22.86 cm
Sinossi
Ispettore Capo Ginevra
Lorenzi, dopo vernissage ha un nuovo caso di cui occuparsi che metterà a dura
prova la sua pazienza e la sua capacità investigativa.
Cosa hanno in comune un
femminicidio e un incidente stradale?
Cosa c’entra il
paranormale con l’indagine?
Un Thriller coinvolgente,
dinamico e a volte divertente che vi appassionerà e che vi permetterà di
conoscere un po’ di più Ginevra e i suoi amici.
MARIA CRISTINA BUOSO
Scrive le prime cose
quando era giovanissima, inizia con fiabe e poesie, crescendo amplia la sua
scrittura con racconti brevi, copioni, romanzi e gialli.
La poesia “Aiutami” è
stata inserita nell’Antologia Multimediale “Una poesia per Telethon”, a scopo
benefico (2004). La poesia “Pace in Guerra” nel concorso indetto da A.L.I.A.S. (Melbourne – Australia), ha ricevuto la
Menzione D’Onore. La poesia “Bugie” (Stones of Angles) è stata inserita nel
Vol. 6 – In Our Own Words: A Generation Defining Itself - Edited by Marlow
Perse Weaver U.S.A. (2005).
Ha vinto il terzo premio
nel Concorso Letterario “Joutes Alpines” dell’Associantion Rencontres Italie
Annecy (Francia) per la Sez. Prosa (Italia) con il racconto “Il vecchio album”
(1997). Questi sono solo alcuni dei vari riconoscimenti che ha ricevuto.
Pubblicazioni
recenti
Nel 2017 “Anime”. Nel 2021 “Schegge di parole” , “Delitto al
condominio Magnolia”, “Vernissage”. Nel 2022
“L’Incidente”. Alcune sue poesie sono state inserite in “DONNE D'AMORE:
Antologia poetica al Femminile”.
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L’auto scivolava sull’asfalto bagnato della sera. Una
pioggerellina scendeva sottile impastandosi alla polvere che si era posata
sulla strada creando una patina pericolosa. Alberto guidava come sempre, sicuro
e veloce, anche quando la mente era rivolta altrove. Troppi pensieri. Le ombre
della sera s’intrecciavano ai fari delle auto che, come un nastro
interminabile, si aggrovigliavano tra loro nell’impazienza dei guidatori di
tornare a casa. Tutti sembravano avere fretta, tutto era rumoroso e veloce,
troppo veloce.
La frenata fu brusca, la sterzata istintiva, ma l’impatto fu
lo stesso tremendo.
Come una scena girata al rallentatore, tutto si mosse
creando una sequenza di causa-effetto.
La testa urtò l’airbag che si aprì nello scontro con l’auto
che la precedeva. Le cinture lo bloccarono contro il sedile fermandolo nella
speranza di salvargli la vita. La vettura che aveva dietro si fermò contro la
parte sinistra della sua auto che si era girata nel movimento di frenata, un
altro colpo lo ricevette anche da destra e in breve si trovò inscatolato e
bloccato dalle lamiere contorte della sua Toyota Celica, di color grigio
metallizzato, praticamente quasi nuova. L’ultimo pensiero fu quello che doveva
pagare ancora gli ultimi 3.000 euro.
Un attimo di fermo immagine seguito subito dalla frenesia
del dopo incidente. I clacson impazziti, le persone sotto shock, le telefonate
d’emergenza, un lungo tamponamento, le auto della Polizia Stradale, le
ambulanze. Il caos era totale.
E poi, il silenzio.
..............................
Presente
La parola fine comparve sullo schermo e la luce sostituì il
buio rarefatto della sera. Eva schiacciò una zanzara che le si era posata sulla
gamba, aveva voluto indossare un vestito leggero per il caldo ma poco adatto se
si doveva rimanere all’aperto in balia di insetti.
«Pizzicata?»
«Indovina?!? Tu niente punture?»
«Mi sono spruzzata abbondantemente di repellente. Ne vuoi un
po’?» Ginevra le allungò la bomboletta.
«Grazie»
Allungò la mano, prese lo spray che si spruzzò sulle gambe,
si alzò mentre terminava di metterlo sulle braccia, seguirono la fila ordinata
di persone che si avviava verso l’uscita del parco. Era una delle prime
rappresentazioni estive che la città offriva, un biglietto abbordabile per
vedere o rivedere un film uscito qualche mese prima.
La serata era mite, la pioggia del giorno prima aveva
lasciato ancora l’aria umida e si sentiva il bisogno di avere sulle spalle un
golfino leggero. Camminavano vicine a braccetto mentre ridevano di alcune scene
del film, erano così prese da non accorgersi di un uomo che le stava osservando
in silenzio. Era seduto su di una panchina vicino a un albero, aveva gli occhi
su un giornale sotto la luce gialla del lampione cha aveva alle spalle. Ginny
ed Eva gli passarono davanti parlando, lui abbassò gli occhi indeciso sul da
farsi, si allontanarono e lui richiuse il giornale, lo ripiegò e si avviò verso
casa.
La porta si richiuse alle spalle di Alberto con un secco
click della serratura. Ida era seduta sul divano, stava guardando un film senza
prestare molto interesse alla trama, era preoccupata per lui, lo sentiva
distante e tormentato per qualcosa, ma ogni volta che tentava di farlo parlare,
si chiudeva ancora di più in sé stesso.
Sapeva già quello che avrebbe fatto, sarebbe entrato, le
avrebbe dato un bacio sulla guancia, si sarebbe seduto nella poltrona vicino
alla finestra e avrebbe ripreso a leggere il libro che aveva acquistato da
poco; uno dei tanti che leggeva in quel periodo.
Tutti con lo stesso argomento.
Era così da dopo l’incidente, erano passati circa tre mesi e
gli era andata bene, qualche frattura e uno shock per aver battuto la testa
malgrado le cinture mentre l’auto era un ammasso di lamiere.
Quella mattina le era toccato il turno domenicale e la cosa
la irritava; dopo una settimana piena di lavoro e di stress, un po’ di pace le
sarebbe spettata di diritto ma si era trovata a sostituire il suo illustre
collega, che si era dato per malato.
Passata la voglia di strozzarlo, aveva cercato di vederne il
lato positivo, che era quello di smaltire un po’ di lavoro arretrato. Il
telefono suonò lamentoso e per una frazione di secondo fu tentata di ignorarlo.
Prevalse il senso del dovere ma rispose con la voce meno disponibile che riuscì
a tirare fuori, per dissuadere qualsiasi rompiscatole. La voce che sentì le
fece l’effetto di una doccia fredda, si ricompose d’istinto sulla sedia, quasi
fosse di fronte a lei la persona che aveva in linea.
«Buon giorno Ginevra»
La voce era gentile ma decisa a ottenere quello che voleva.
«Buon giorno signora Allegri»
Si sentiva terribilmente in imbarazzo e aveva il sospetto di
sapere cosa volesse, d’istinto cercò una scusa da metterle davanti.
«Immagino che mio figlio la tenga molto occupata, così ho
deciso di chiamarla io immaginando che lui non le avrebbe detto nulla» «In
effetti, sono un po’ presa dal lavoro e anche da alcuni impegni che avevo …»
«Immagino che, finite le sue ore di servizio, vada a
mangiare, oppure pensa di vivere d’aria?»
Il tono della voce era gentile ma secco, di quelli che non
amano essere contraddetti.
«No, certo che no! Ma come le stavo dicendo…»
«Allora facciamo così, quando termina di lavorare, l’aspetto
per pranzo»
«Non mi sembra il caso signora, io finisco verso le due e …»
«Lo so bene a che ora finisce, ma non si preoccupi, noi non pranziamo mai
presto. Allora a più tardi e buon lavoro»
Il suono di fine conversazione era molto irritante con il
suo tuuu tuuuu. Ginevra si trovò a fissare l’apparecchio con stupore, come
cavolo era riuscita a impedirle di parlare???
Accidenti a tutte le madri dei funzionari. Era così
incazzata che sbatté il ricevitore al suo posto mentre Eva entrava
nell’ufficio.
«Qualche problema?»
«Ciao» non era abitudine di Eva venire a trovarla in
ufficio, soprattutto di domenica mattina «ho l’impressione che mi devi dire
qualcosa» «In effetti avrei qualcosa da raccontarti, il punto è che non so bene
né come iniziare e neppure come la prenderai dopo che te ne avrò parlato»
«Perché?» Con la mano le indicò la sedia, voleva averla alla
sua altezza e non farsi venire il torcicollo per guardarla meglio «è una cosa
che riguarda la Polizia o…»
«È questo il punto…» si sedette cercando di prendere tempo,
appoggiò la borsa per terra e guardò pensierosa il temporale che stava per
scatenarsi. Aveva lasciato l’ombrello vicino alla porta che sgocciolando aveva
creato una piccola pozzanghera sul pavimento «…non so se ti ho mai parlato di
una mia vecchia amica. Ida» «Onestamente non credo, dovrei conoscerla?»
Si mise comoda sulla sedia sospettando una lunga premessa.
Intuì che Eva stava prendendo la cosa molto alla larga, e sospettava che doveva
solo armarsi di tanta pazienza ed evitare di interromperla, altrimenti
rischiava di non andare a pranzo dalla signora Allegri e figlio. Che peccato!